I NEGRITA SCELGONO LA “CRITICA SOCIALE”


» 2008-10-28 17:31
MILANO – Di fronte a una realtà che assomiglia sempre più a un ‘inferno dorato’, un ‘Helldorado’, come hanno battezzato il loro nuovo album, i Negrita scelgono la strada della “critica sociale”. “Ci siamo tolti la cappa lattiginosa che, negli ultimi anni, ha indossato la società italiana dove – spiega Pau – sembra che non si possa più criticare niente e nessuno”.

Ma “se non si mette mai in discussione ciò che il potere impone dall’alto – avverte il cantante – si rischia tutti”. Per questo, “se anche altri artisti tirassero fuori il coraggio di portare certi argomenti all’attenzione della massa, o anche solo di una nicchia – sbotta – avremmo tutti da guadagnarci”. Il panorama della protesta italiana, alla band aretina, appare desolante: “Lorenzo Jovanotti dice qualcosa in ‘Safari’, Fabri Fibra nel pezzo ‘In Italia’”, ma l’elenco finisce lì. Per loro, la strada della critica non è esattamente nuova, “ma prima eravamo più velati, oggi siamo più adulti, abbiamo più consapevolezza e voglia di sentirci più significativi”.

E poi, “quando scrivi delle cose a 40 anni speri di riconoscertici anche tra 10, nella nostra carriera – ammette Pau – abbiamo scritto anche delle ‘cagate’, ma non intendiamo ripeterci”. La nuova vena di protesta del gruppo toscano affiora in brani come ‘Il ballo decadente’, con la distanza tra politici e paese reale, ‘Radio conga’, contro lavoro nero e finte illusioni, ‘Il libro in una mano, la bomba in un’altrà sul dogmatismo del Vaticano, la politica imperialista americana e la deriva integralista islamica. Ma in ‘Helldorado’, “non c’é solo critica, ma tanta voglia di voltare pagina”.

“Del disco, alla fine – continua Pau, scherzando con il titolo del primo singolo – rimane in mente il rumore della felicità, che é un po’ il sapore di tutto l’album”. Perché i Negrita non ci tengono affatto a essere catalogati come un gruppo ‘kombat’: “non lo siamo, forse lo sembriamo, ma – interviene il chitarrista Drigo – è solo perché cantiamo cose di cui nessuno parla, almeno da quando ci siamo abituati a ritenere veritiero ciò che leggiamo sui giornali e nel web”. Non a caso, una della canzoni più ‘toste’ dell’album, ‘Il libro in una mano, la bomba in un’altrà, nasce dalle riflessioni di un credente, lo stesso Drigo, che confessa amaramente di non trovarsi più a casa quando entra in chiesa.

Così, in ‘Salvation’, i Negrita arivano ad auspicare una rivoluzione, “non armata, ma assolutamente necessaria perché ormai la realtà è del tutto ‘aberrata’, l’Italia – inveisce Pau – va completamente revisionata”. Anche per questo, dallo scorso album ‘L’uomo sogna di volaré, i Negrita non hanno più smesso di viaggiare, a partire dal Sudamerica. Hanno riempito il loro rock e i loro testi di contaminazioni linguistiche e musicali, ma soprattutto hanno scoperto che “da fuori si vede meglio l’Italia” e che spesso “il terzo mondo – concludono amari – è un esempio per il primo”.

da ANSA

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